Negli scatti di Amalia Sperandio ecco “L’Aquila ieri e oggi. nuovi corsi, radici profonde”

Una serie di omaggi condensati in un’esposizione pubblica che celebra contemporaneamente una grande artista dello sguardo e una città splendida sospesa tra la ferita del terremoto e la sua conseguente volitiva rinascita: valori endogeni della mostra L’Aquila ieri e oggi. nuovi corsi, radici profonde che mette insieme gli emozionanti scatti della grandissima fotografa Amalia Sperandio realizzati all’inizio del Novecento con protagonista proprio il capoluogo dell’Abruzzo, significativamente collocata lungo il corso principale.

Un’iniziativa culturale nata dall’unione delle forze locali, dal sindaco Pierluigi Biondi che ha così inteso “celebrare l’eccezionale talento della nostra concittadina” definita “pioniera della fotografia e antesignana dell’emancipazione femminile”, la cui riscoperta si deve al Gruppo aquilano di azione civica Jemo ‘nnanzi che ha collaborato all’organizzazione della mostra, consentita anche dall’intervento di One Group Edizioni che ha messo a disposizione le foto tratte dal volume Memoria e diletto dedicato proprio alla vita e alle opere di Amalia Sperandio.
Dal libro citato si apprende Amalia Sperandio “nasce nel 1854 a Corfù, dove il padre, di San Marco di Preturo (L’Aquila), è confinato per motivi politici”, per affrontare da subito una vita densa di problematiche che la condurranno a tornare proprio all’Aquila dove si riscatta dall’indigenza per poi diventare “collaboratrice esterna della Soprintendenza ai Monumenti per l’Abruzzo: tra il 1926 e il 1931 scheda oltre 1200 opere d’arte presenti nelle chiese dell’Aquila e nei paesi limitrofi e le sue numerosissime foto-cartolina, tutte personalmente postillate, sono conservate parte nell’Archivio di Stato dell’Aquila nel fondo della famiglia Dragonetti de Torres, parte dalla famiglia Leosini”; si spegnerà a 93 anni nel 1948.

Enorme il valore estetico delle foto di Amelia Sperandio, con un magnifico uso della luce e del chiaroscuro, sapientemente dosati nella costruzione dello scatto, valorizzato dalla pregnanza del bianco e nero…

… un giacimento iconografico al quale si aggiunge un enorme valore socio-antropologico, poiché ogni foto è depositaria di memorie umane e testimonianze architettoniche e ambientali, catturando elementi identitari della comunità quali la tradizionale fiera del bestiame che si teneva nel Forte Spagnolo…

… e i commoventi tipi del mercato carichi della povertà materiale del tempo ricca però di poesia del quotidiano…

.. insieme a eventi e celebrazioni, dall’inaugurazione della via tramviaria del 1924…

… alle onoranze per l’eroe di guerra Andrea Bafile nel 1923…

… mentre il territorio e il suo patrimonio di beni culturali si ritrovano tra idilli rupestri con al centro il santuario Madonna d’Appari di Paganica…

… struggenti landscape con protagonista il santuario della Madonna di Roio…

… e chiese ormai inesistenti che si stagliano sulla sagoma monumentale del Gran Sasso d’Italia visto da Assergi…

… fino al tributo all’archeologia con i resti di Peltuinum.

Gli scatti irretiscono grazie a una rara potenza (ri)evocativa, facendo vibrare le corde della sensibilità dell’osservatore grazie alla lirica cristallizzazione di tranche de vie capaci di creare una sapiente osmosi di genius loci e Volksgeist che l’allestimento semplice ma efficace trasforma in narrazione storica in dialogo con il presente in fieri, vergando un’elegia del cuore pulsante dell’Aquila.