La Resta, dolce tipico comasco valorizzato e diffuso da Baj
La divulgazione è il processo virtuoso che consente di fare conoscere a più persone possibili qualcosa che in partenza è poco noto: è quanto avviene con ogni produzione di Baj, capace di fare cultura anche quando sforna prodotti di pasticceria. Ne è perfetta dimostrazione la Resta, dolce lievitato tradizionale del Lago di Como, finora noto soltanto nella zona di nascita.
Una scoperta di estremo interesse, dovuta alla ricerca culturale e identitaria intrapresa dalla famiglia Baj con l’azienda omonima che già negli ultimi anni ha riportato in vita l’autentico panettone milanese, riprendendo una vecchia ricetta degli avi.
Adesso tocca a un dolce tipico della loro zona di residenza essere oggetto di amorevole recupero da parte dei Baj, con tutto il carico di storia che si porta dietro.
Una storia che “comincia in una taverna comasca dei primi anni dell’Ottocento”, in cui “il proprietario dell’Osteria del Pescatore, di nome Michele, nel giorno del suo onomastico usava offrire il pranzo ai clienti; a chiudere piacevolmente il pasto, arrivava un pandolce arricchito di canditi e uvetta, versione sontuosa, secondo i criteri della cucina popolare del tempo, del pane di tutti i giorni”.
Come spesso è accaduto, è stato il classico errore non voluto a creare il mito: infatti un giorno “durante la preparazione del dolce, il lievito fu aggiunto per errore in dosi eccessive, così che l’impasto cominciò a crescere a dismisura, traboccando dalla pentola”.
Un errore al quale l’oste ha rimediato usando un bastoncino d’ulivo, rimasto inglobato nella pasta, cui sono seguite delle incisioni trasversali che ne hanno determinato la caratteristica forma che ricorda la lisca di un pesce. Tanto che l’oste “vedendo il risultato, esclamò: Par la resca d’un pèss! (Pare la lisca di un pesce)”. La resta, appunto, “dal latino arista, indicante sia la lisca del pesce sia la resta del grano”.
Una storia riportata su “un antico biglietto posseduto dall’avvocato Giulio Benzoni, fabbriciere in Sant’Agostino”, il quale “fu mostrato agli amici nei primi anni Venti nella celebre Pasticceria Fietta”. Un documento andato distrutto fisicamente, mentre è rimasta quella storia che profuma di buona letteratura popolare, narrando di un dolce simbolo di Como “fatto con i semplici ingredienti della cucina popolare che richiama i pesci del Lario e gli ulivi che crescono rigogliosi sulle sue sponde”.
In questo modo la Resta Baj “ha rivitalizzato il dolce comasco che era prossimo ad essere dimenticato se non nei pochissimi punti vendita che portano avanti fedelmente la tradizione”, senza dimenticare i mercati esteri e il turismo, alla base della scelta di non inserire il legnetto nell’impasto, affinché non fosse “male interpretato da coloro che non conoscevano la tradizione, rischiando di far rinunciare alla degustazione del prodotto”.
Degustazione che conferma l’iscrizione della Resta alla nobilissima famiglia dei pani rinforzati dell’arco alpino, un’ideale regione del gusto che va dall’Insubria alla Liguria, annoverando dalla Bisciola della Valtellina al Pandolce genovese, fino al classico Panettone milanese.
L’impasto ha robusta fragranza e intensa densità alla masticazione, ammorbidita dai succhi dei canditi e impreziosita dall’aromaticità dell’uvetta. Una suadente complessità che rende la Resta perfetta per la conclusione del pasto.
Comprensibile quindi l’orgoglio di Baj di avere preso “un pane dolce considerato un prodotto povero” per riportarlo “al centro dell’attenzione nella città di Como”.
Ma anche un nuovo illuminante capitolo della dolcezza che si fa golosa pedagogia.
Info: https://www.panettonebaj.it/resta-baj-lievitato-tradizionale-del-lago-di-como/