Aspettando la riapertura del Museo Ginori, prima esposizione d’impresa al mondo e orgoglio nazionale

Il più antico esempio al mondo di museo d’impresa strutturato e documentato, un primato internazionale di immenso prestigio per un bene culturale della massima importanza che si pone tra le principali ragioni d’orgoglio dell’Italia: per questo il Paese attende con trepidazione la riapertura del Museo Ginori, la cui sede a Sesto Fiorentino è chiusa da oltre dieci anni a causa delle traversie vissute dall’azienda.
Eppure il museo non vanta soltanto grande rilevanza sul piano culturale, bensì anche su quello sociale, come dimostrato dalla forte adesione popolare alla richiesta del suo recupero pervenuta dagli abitanti di Sesto Fiorentino e in particolare dalle tante persone che hanno lavorato nella fabbrica, dimostrazione di quanto anche un bene originariamente privato destinato alla produzione e al profitto possa invece assumere valore collettivo tanto da essere sentito come proprio dalla comunità.
Il rilievo pubblico del museo è stato sancito anche dalla sua acquisizione nel 2017 da parte del Ministero dei Beni culturali e del Turismo per settecentomila euro, segnale della dimensione collettiva di questo patrimonio.

Si parla di una realtà espositiva le cui radici risalgono alla metà del XVIII secolo, come testimonia il coevo Thomas Salmon quando nel 1757 riporta che il marchese Ginori “nell’anno 1746 ebbe il piacere di poter esporre al pubblico una considerabile quantità di Chicchere di Porcellana, di Vasellami e Piatti di più grandezze perfettamente travagliati nel suo edifizio”, anche se Alessandro Biancalana puntualizza che “già nel novembre 1741 era stata costituita una collezione di pietre incise conservata nel museo della manifattura”.
Tomaso Montanari sul quotidiano La Repubblica dell’11/09/2015 racconta che nacque nel 1754 e consisteva “nella Galleria della Villa di Doccia (frazione di Sesto) in cui il marchese Carlo Ginori aveva deciso di esporre i migliori prodotti della sua miracolosa fornace che era in breve tempo diventata uno degli epicentri europei dell’arte della porcellana”, mentre “dal 1965 è ospitato in edificio costruito ad hoc da Pier Niccolò Berardi”.
Preziosi gli approfondimenti storici contenuti nel testo che ha accompagnato la mostra La fabbrica della bellezza svoltasi al Museo Nazionale del Bargello di Firenze nel 2017 a cura di Dimitrios Zikos e Tomaso Montanari con la collaborazione di Cristiano Giometti e Marino Marini, dove a firma di Umberto Tombari si legge che “con la galleria dei modelli – in cui aveva voluto che fossero riuniti disegni, cere, sculture in gesso, terracotta utilizzati per la fabbricazione – Ginori aveva creato il più antico museo d’impresa che racconta, archivia e preserva i segreti di un prodotto, ma celebra anche le capacità imprenditoriali portate avanti nei secoli della storia di un marchio che ha fatto anche la storia del gusto”.
Nello stesso tomo Cristina Gnoni Mavarelli nota come “il museo è nato in stretta contiguità fisica con la fabbrica: si deve infatti al fondatore, marchese Carlo Ginori, la costituzione delle prime raccolte, esposte nella Villa Le Corti acquistata da Francesco Buondelmonti nella località di Doccia come sede per la manifattura, a partire dal 1737; a pianterreno della villa il marchese Ginori creò una galleria per l’esposizione dei manufatti di maggior qualità con un’ambientazione suggestiva, arricchita dagli affreschi eseguiti nel 1754 da Vincenzo Meucci con la collaborazione di Giuseppe Del Moro: nel soffitto l’Allegoria dei quattro elementi che partecipano alla realizzazione della porcellana, nelle pareti sette lunette – di cui quattro monocrome a bassorilievi antichizzanti – con le fasi di lavorazione delle argille, descritte anche nei sottostanti cartigli; un contesto ricercato, destinato a diventare tappa d’obbligo dei visitatori della fabbrica”.
Conferma della matura visione museale ante litteram arriva da Beatrice Mazzanti negli Annali di Storia di Firenze del 2012, nei quali riguardo alla Galleria narra che il marchese Carlo la commissiona nel 1754 “per poter esporre il campionario dei prodotti che la fabbrica ha realizzato nel corso di diciassette anni di ricerca, progettazione e produzione”.

Si tratta soltanto di alcuni cenni di tante ricerche scientifiche che acclarano l’incidenza intellettuale di questo museo in quiescenza ma costantemente tutelato dalla Fondazione Museo Archivio Richard Ginori della Manifattura di Doccia e reso vitale da un sito Internet ben gestito in cui si spiega che “la collezione del Museo Ginori racconta tre secoli di storia del gusto e del collezionismo e rappresenta un unicum a livello internazionale per la sua ricchezza e la sua continuità storica; notificata come complesso di eccezionale interesse storico-artistico e archivistico, comprende quasi 10.000 oggetti in porcellana e maiolica databili dal 1737 al 1990, modelli scultorei, documenti cartacei e disegni, una biblioteca storica, una biblioteca specialistica e una fototeca”.
Da non dimenticare come “negli anni successivi al fallimento della Richard Ginori si è rivelato particolarmente prezioso il supporto dell’Associazione Amici di Doccia che ha realizzato mostre e pubblicazioni sulle collezioni, ha finanziato campagne di restauro e ha mantenuto viva l’attenzione delle istituzioni sul futuro del museo”.

Oggi “in attesa della riapertura, il Museo Ginori organizza esposizioni temporanee in altre sedi in Italia e all’estero, in collaborazione con musei e istituzioni”.
Accomunati anche noi dalla febbrile attesa per la riapertura del Museo, abbiamo deciso di recarci a Sesto Fiorentino per cercare tracce dell’arte di Ginori nel territorio e nell’antica sede, dove siamo stati guidati da Oliva Rucellai, competente Capo-conservatrice della struttura, la quale si è generosamente prestata a farci scoprire le vestigia della Ginori nel territorio cittadino.
Infatti la memoria dell’opera di Ginori a Sesto Fiorentino è ancora vivida e palpitante, ne è esempio luminoso la chiesa di San Romolo nella frazione di Colonnata, edificata nel ’200 e oggetto di nuovi interventi nel XVII secolo: come racconta un documento del sito delle Parrocchie (www.parrocchie.it/sestofiorentino/sanromolo/Doc/Storia.pdf), qui la fabbrica “fatalmente, finì coll’entrare in chiesa: i lavoranti si fecero obbligo di rinnovarne il corredo e, naturalmente, lo vollero tutto in porcellana”…

… come si può osservare fin dall’esterno dove si nota subito il contributo di Ginori, con la targa in ceramica in memoria di Giusto Giusti, chimico della Manifattura che proprio a Colonnata nacque e morì (giovane) nel corso della prima metà dell’800, onorato da una menzione all’Esposizione di Parigi del 1855…

… mentre a fianco una lapide ricorda Leopoldo Nincheri “rapito il di 9 dicembre 1877 di anni 45 per altezza di mente e integrità di carattere nell’ufficio d’ispettore della Manifattura Ginori, benemerito dell’industria ceramica”.

All’interno si rimane subito irretiti dall’altare in porcellana nello stile tipico della casa, realizzato nel 1783 “in occasione delle nozze di Lorenzo Ginori con Maria Francesca Lisci di Volterra”, attribuito a Giuseppe Ettel che “dopo la morte di Gaspero Bruschi, divenne a Doccia, il responsabile della modellazione”…

… nel cuore del quale riverbera la suggestione dello sportello del tabernacolo nel quale è rappresentata la Comunione degli apostoli con Dio Padre benedicente incastonata in metallo dorato, opera nel 1783 di Giovan Battista Fanciullacci, figlio di Jacopo, asceso al rango di ministro della fabbrica dopo essere partito dal lavoro come colono…

… mentre a dominare il complesso è un Crocifisso in porcellana bianca sempre “tratto da un modello di Massimiliano Soldani Benzi” di alto valore metaforico…

… tutto sotto lo sguardo del Crocifisso della Compagnia inaugurato nel 1753 per la processione del Corpus Domini “tratto, forse, da un modello del Foggini”, la cui elevata posizione conduce l’osservatore ad ammirarla in postura quasi ascetica…

… fino al momento dell’uscita in cui si incrocia il complesso e raffinato Battistero “progettato e messo in opera nel 1920: la pila per l’acqua benedetta ornata di cherubini poggia sopra un basamento che ha al centro le figure di Cristo, del Battista, di San Romolo”.

Segue il passaggio necessario alla Biblioteca Ernesto Ragionieri, splendida e magnificamente organizzata dal Comune di Sesto Fiorentino, ospitata in Villa Buondelmonti, l’edificio in cui è nata la storica Manifattura di porcellane di Doccia ed è ancora possibile ammirare la sede originaria della Galleria, oggi luogo di attività culturali…

… in un contesto impreziosito da affreschi…

… nel quale dei pannelli ricostruiscono la vicenda qui riassunta, adottando modalità di fruizione inclusive che mettono insieme testi sintetici e chiari supportati da immagini e infografica.

Un piccolo viaggio che avvalora la necessità di restituire al pubblico un patrimonio museale inestimabile, capace come pochi altri di mettere insieme genius loci e genio italico, scienza ed estetica, passato e presente, ragione e sentimento, ispirazione e lavoro, in un sincretismo di istanze tale da farne un modello insuperabile di futuro basato su solide basi secolari.
Info: https://museoginori.org/