MITI, il Museo dell’Innovazione e della Tecnica Industriale di Fermo che narra il genio italiano

Un monumentale contributo alla diffusione della conoscenza tecnologica, per mezzo di una profonda indagine delle tappe evolutive del settore che giunge a delineare un potente tributo al genio italiano e alle meravigliose creazioni concrete dell’ingegno umano: è il MITI, il Museo dell’Innovazione e della Tecnica Industriale di via Padre Serafino Marchionni 3 a Fermo nelle Marche.

La sua stessa collocazione è fortemente evocativa, poiché si trova all’interno delle Officine Storiche dell’Istituto Industriale Montani di Fermo, un’eccellenza della formazione italiana, dato che dalle sue aule sono usciti alcuni dei più grandi nomi di tale ambito disciplinare, facendo di questa scuola uno dei maggiori esempi di competenza didattica del Paese.
Tutto frutto di programmazione e doveroso rigore, come dimostra la tabella di orari rigidi e impegni probanti che gli studenti di un tempo dovevano rispettare, infondendo un senso della disciplina e del sacrificio fondamentali per ottenere risultati da adulti…

… una severità altamente formativa apprezzata anche da chi ha dovuto rispettarla durante la frequentazione giovanile della scuola, come dimostra la gratitudine degli ex allievi che continuano a mantenere rapporti con l’Istituto anche dopo essersi affermati ai più alti livelli nella professione, palesata pure da doni come un fantastico prototipo di motociclo della Benelli.

Sul sito della Regione Marche viene spiegato che obiettivo del museo è “raccontare la storia del prestigioso istituto industriale dalle origini ottocentesche ai giorni nostri, valorizzando lo stretto legame tra la scuola (sapere) e la fabbrica (saper fare) che ha caratterizzato e ancora oggi caratterizza il percorso didattico di questo istituto”…

… affidandosi al principio della timeline per rendere efficacemente pedagogico lo storytelling soprattutto nella ricostruzione della lunga vicenda fondativa della struttura e delle successive evoluzioni…

… mentre il sito del museo spiega come “sin dalla sua nascita nel 1854, sotto il nome di Opera Pia Montani, l’Istituto ha rappresentato l’avanguardia in campo tecnologico e artigianale”, evidenziando il contributo di “uno dei suoi primi ingegneri, il francese Langlois che replicò il modello della scuola politecnica francese introdotta da Napoleone III”, il quale contribuì “a far divenire l’Istituto uno dei punti di riferimento più importanti per l’educazione tecnica in Italia, attraendo studenti da ogni regione e diffondendo un metodo di insegnamento che combinava sapientemente sapere teorico e pratico”.
Tracce di quanto narrato sono rimaste in preziosi documenti…

… e rari testi scientifici.

Così è stato ottenuto il risultato di rendere fulcro centrale del progetto museologico “raccontare l’evoluzione dell’ITI, tracciando parallelismi con gli avvenimenti storici e politici italiani ed europei e contemporaneamente fare comprendere al visitatore il valore attuale del saper fare con le mani e saper fare con il cervello”…

… grazie a “un percorso espositivo pensato per valorizzare i macchinari storici dell’istituto e la trasmissione di un plurisecolare sapere tecnico, il visitatore è coinvolto in un vero e proprio viaggio all’insegna della scoperta mediante dispositivi interattivi ed apparati didascalici”…

… con aree di grande impatto per lo sguardo in cui si possono osservare binari, carrello della fonderia e parti originali della stessa, ciascuno capace di assurgere a sineddoche dell’industriosità qui coltivata.

Il sito del museo pone l’accento sulla “volontà dei principali attori del territorio di recuperare e valorizzare una risorsa di inestimabile valore dal punto di vista storico, con grandi potenzialità dal punto di vista didattico e di attrazione turistica: per realizzare il MITI è stato necessario catalogare tutto l’enorme patrimonio di strumentazione scientifica e macchine utensili presente all’interno dell’ITI Montani di Fermo, al fine di selezionare gli oggetti più significativi e adatti allo spazio espositivo disponibile e questa grande mole di lavoro è stata svolta con profonda dedizione e mirabile competenza dal comitato scientifico composto dai docenti della scuola”.

Alle lodi per tutte le intelligenze che hanno contribuito a dare vita a tale gioiello espositivo, va aggiunto un encomio particolare per il direttore del museo, il professore Marco Rotunno, autentico eroe della nostra civiltà per la dedizione totalizzante con cui rende il museo fruibile alla collettività, mettendo a disposizione dei visitatori con estrema generosità la sua competenza associata a empatia e capacità divulgativa.

Anche noi abbiamo goduto del privilegio di essere guidati da lui nella razionalità di un allestimento che consente al visitatore di cogliere induttivamente la complessità della materia esposta, creando un luminoso esempio di accessibilità cognitiva nel solco della moderna attenzione sancita anche dai dettami dell’ICOM, l’International Council of Museums sempre più impegnato per la democratizzazione della cultura: in questo caso la suddivisione tematica degli spazi prende per mano il visitatore, accogliendolo in ogni tranche con grandi cartelli esplicativi universalmente intellegibili fin dal titolo e conducendolo così tra le meraviglie dell’Elettrotecnica…

… come un calcolatore analogico del 1962 che brilla per il suo fascino vintage…

… passando all’Informatica rappresentata nelle sue radici storiche da reperti ormai quasi da archeologia industriale…

… tra cui il Calcolatore elettronico P101 del pionieristico orgoglio italiano chiamato Olivetti…

… quindi la Meccanica con suggestive testimonianze della sua evoluzione…

… quale il raro Grande microscopio metallografico C. Reichert del 1919…

… approdando alla parte dedicata alla Chimica in cui brilla la Bilancia Galileo Sartorius del 1950.

Un percorso di immenso interesse che rende il MITI uno dei beni culturali di somma importanza del Paese, tra le massime e più degne espressioni del patrimonio identitario italiano, anche se la direzione sottolinea come in questo momento non sia fruibile nella sua totale espressione per la presenza di banchi destinati a un’attività scolastica ricoverata qui per ragioni d’emergenza che stridono con la sacralità di un museo: una problematica si spera temporanea e della quale Rotunno si augura sia vicina la soluzione, affinché i visitatori possano vivere il MITI in tutta la sua completa ricchezza espositiva che lo rende uno dei beni culturali di somma importanza del Paese, tra le massime e più degne espressioni del patrimonio identitario italiano.

Parliamo infatti di un tempio del Sapere di rara originalità, fondamentale per contribuire allo sviluppo della conoscenza scientifica nel Paese.
Una visita al Museo dell’Innovazione e della Tecnica Industriale di Fermo è pertanto caldamente consigliata per tutti coloro che vogliano coltivare la propria mente, al fine di recuperare il terreno epistemologico perso con la sciagurata dedizione dell’Italia alla cultura umanistica a scapito di quella scientifica drammaticamente sancita dalla riforma gentiliana di oltre un secolo fa: tale allestimento infatti attraverso nozioni ed emozioni riesce a riporre al centro dell’attenzione pubblica la tecnica e le sue declinazioni, facendo comprendere quanto il genio autoctono abbia contribuito alle fondamenta della nazione, stimolando consapevolezza negli intelletti sensibili.
Info: https://www.museomiti.it/