I vini da Chiavennasca di Balgera, 140 anni di totale dedizione eroica al Nebbiolo della Valtellina
Centoquaranta anni di indefessa e appassionata dedizione al succo di un vitigno che è come sangue nelle vene di un intero territorio così impervio da richiedere consapevole fatica estrema nel coltivarlo, amarlo e renderlo (magnificamente) produttivo: forte di questa imponente e nobilissima memoria storica che la rende “una delle cantine più antiche di tutta la Valtellina”, Balgera prosegue con moderno slancio nel creare grandissimi vini dall’affascinante uva Chiavennesca, lemma che rappresenta il modo locale di chiamare il Nebbiolo, qui in una delle sue declinazioni identitarie più profonde culturalmente ed elevate organoletticamente.
“Per trovare le origini dell’azienda bisogna risalire addirittura al diciannovesimo secolo e le testimonianze storiche attestano l’inizio dell’attività nel lontano 1885: mentre sulla neonata Italia regnava Umberto I di Savoia, i nostri antenati già producevano e commerciavano vino” raccontano dall’azienda, aggiungendo che “oggi, a oltre un secolo di distanza, molte cose sono cambiate ma non la passione per il vino della famiglia Balgera, nel solco di una tradizione antichissima che ancora dopo tanto tempo perpetua i suoi valori più importanti”.
Tutto questo sullo sfondo dell’incantevole scenario della Valtellina, sin da tempi assai remoti territorio di viticoltori, grazie alla presenza delle maestose Alpi che “generano un microclima particolare e pressoché unico che nel corso dei secoli ha incentivato gli abitanti di queste zone a coltivare a vigneto gli oltre 40 km che vanno da Ardenno a Tirano: sono i famosi terrazzamenti della provincia di Sondrio, ricavati sul fianco roccioso della montagna, da dove nascono i pregiati vini della Valtellina”.
Ma c’è un prezzo da pagare per l’uva valtellinese, nella forma di “un sacrificio che affrontiamo volentieri per produrre vini di eccellenza”.
Infatti “le vigne da cui provengono le uve 100% nebbiolo, sui pendii valtellinesi che vanno da Sondrio fino a Tresenda di Teglio, sono terrazzate con i tipici muretti a secco e tutte lavorate a mano, proprio come una volta: si tratta di un compito faticoso, reso ancor più duro dalle caratteristiche dei terreni di queste zone sottratte alle rocce; quella che un tempo si definiva viticoltura eroica ma che a noi piace declinare in termini di passione e impegno, come testimoniano le ore di lavoro dedicate a ogni singola vite, rigorosamente senza l’impiego di diserbanti”.
Conseguenza pratica è rendere “la vendemmia è il culmine del lavoro in vigna e come tale porta a compimento tutti gli sforzi compiuti dall’uomo con il fondamentale contributo della natura”, quindi “la raccolta delle uve è un compito delicato e che richiede un sapere particolare, tramandato di generazione in generazione all’interno della famiglia Balgera, per selezionare i grappoli migliori”, una materia prima pronta a fare il “proprio ingresso nella nostra casa vinicola dalla porta principale, quella che conduce in cantina”.
Lo scrupoloso processo di vinificazione compie il suo processo di maturazione finale “con l’affinamento in botti di rovere di Slavonia, di grandezza compresa tra i 50 e i 100 ettolitri, per un periodo medio di 10 anni: è lungo questo arco di tempo che il nostro vino si bilancia in maniera completamente naturale (la qualità Nebbiolo possiede infatti una spiccata componente tannica e acida), sviluppando con l’invecchiamento le qualità organolettiche e le fragranze che lo contraddistinguono”, grazie anche a “un lungo e intenso dialogo con il legno, nel quale matura l’eccellenza dei nostri prodotti”.
Tanta cura e la personalità dei vini così ottenuti giustificano l’inserimento delle referenze di Balgera nel prestigioso Progetto Espressioni di Nebbiolo del distributore Proposta Vini, nel cui libretto è stata pubblicata la foto sottostante che mostra il vigneto dell’azienda in località Valgella nel comune di Teglio, a 550 m/slm, coltivato a Chiavennasca, accompagnato da queste liriche di Giovanni Pascoli:
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli
d’aeree frane!
Nascondi le cose lontane…
Per ordine crescente di imponenza, consigliato partire nella degustazione dal Valtellina Superiore Valgella Vigneto Pizaméi Riserva, derivante da una “particolare vigna posizionata nel cuore della sottozona più eterogenea e più estesa” della denominazione.
La vinificazione in acciaio e l’affinamento di 12 mesi sulle fecce fini di botte di rovere da 5hl seguito da 36 mesi in botte di rovere da 5hl conduce a profumi in grado di proiettare in un rigoglioso sottobosco tra bacche e resine, mentre il palato avverte mora di rovo, ribes rosso, corbezzolo, karkadè e cioccolato al latte.
L’approccio è decisamente segnato dalla dolcezza, procedendo verso una complessità resa da tannini robusti e un tocco erbaceo.
Vellutato, avvolgente, con un finale che conferma la scelta dell’amabilità.
Si prosegue con il Rosso di Valtellina 450 il quale si compone di Nebbiolo per l’85% e di altre varietà locali come Pignolo e Rossola Nera.
Quattro anni di affinamento in grandi botti arrotondano i profumi in un delicato bouquet di frutti rossi e i sapori in echi di fragola, mirtillo, sorbo, melagrana e amarena in sciroppo.
Elegante, accarezza il palato con la sua eterea impronta zuccherina.
Un sorso incantevole irretisce la bocca con la gentilezza di una suadente acidità.
Finale interminabile di rara raffinatezza.
Chiusura monumentale con lo Sforzato di Valtellina Solstizio il cui nome “è legato al Solstizio d’Inverno in senso temporale, quale data di inizio delle operazioni di vinificazione” mentre il distributore nell’indicare il suo essere composto al 100% da uva Chiavennasca la definisce suggestivamente “Nebbiolo delle Alpi”.
Punto di forza della sua genesi è l’affinamento “di 12 mesi sulle fecce fini in botte di rovere da 15 hl, seguono 42 mesi in botte di rovere, 6 mesi in acciaio e 12 mesi in bottiglia”.
Da qui la sua fantastica setosità al naso che trasporta richiami alla composta di frutti di bosco, mentre al gusto si succedono lampone, dattero, prugna, ciliegia candita e mosto cotto.
L’abbrivio è intensamente zuccherino, con straordinarie note di saba.
Denso, totalizzante, ghermisce i sensi e non li molla, avviandosi verso un finale lungo e appagante che lascia in sollucchero la bocca.
Le considerazioni conclusive le affidiamo a Matteo Balgera nel video che segue.
Info: https://www.vinibalgera.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/balgera/
Progetto Espressioni di Nebbiolo: https://www.propostavini.com/i-nostri-progetti/espressioni-di-nebbiolo/