Viti pre-fillossera come beni culturali nel libro “L’importanza di essere franco”, atto di civiltà
Il tragico avvento della fillossera sulla nostra viticoltura nella seconda metà dell’800 ha agito non soltanto sul piano agricolo ma anche e soprattutto su quello culturale, poiché l’introduzione in Europa e quindi anche in Italia di viti americane per rimediare alla distruzione di quelle locali da parte dell’insetto ha comportato la cancellazione della memoria biologica e al tempo stesso storica di piante sedimentate nei nostri terreni, oltre che nella civiltà cui apparteniamo: per questo assume un enorme valore civile il libro L’importanza di essere franco di Gianpaolo Girardi e Marta De Toni che afferma la necessità di recuperare le viti a piede franco supportandola con studi approfonditi ed evidenze scientifiche.
Il volume è stato presentato alla Biblioteca Internazionale La Vigna di Vicenza, un Centro di Cultura e Civiltà Contadina descritto anche da Wikipedia come “un istituto di documentazione specializzato nel settore degli studi sull’agricoltura e sul vino ed è considerato il più importante punto di riferimento per le ricerche ampelografiche a livello mondiale”, i cui illuminati gestori hanno fortemente supportato la pubblicazione pure con un patrocinio (https://www.lavigna.it/it/lavigna).
E’ stata l’occasione per illustrare tale prezioso lavoro davanti a un numeroso pubblico di appassionati tra addetti ai lavori e innamorati del vino come delle sue implicazioni intellettuali.
Ad aprire i lavori è stato Gianpaolo Girardi, fine intellettuale “laureato in storia e cultore del vino per passione e professione” che nel 1984 ha fondato Proposta Vini, la più colta ed etica delle aziende di distribuzione enoica, la quale tra i suoi progetti di tutela e divulgazione ne ha uno incentrato proprio sui Vini franchi (https://www.propostavini.com/i-nostri-progetti/vini-franchi/). Con tale struttura che opera alla stregua di un’istituzione culturale ha prodotto pubblicazioni in ambito storico-enologico e “originali volumi interdisciplinari sulla storia, l’arte, l’antropologia, intrecciando saperi e collaborazioni”, come la “collana dedicata al consumo di vino nelle principali città italiane all’epoca del loro massimo splendore: Venezia, Roma, Milano, Verona, Firenze, Padova, Trento e Napoli”.
Nel volume Girardi sottolinea come tale lavoro si occupi di Viti incapaci di invecchiare, associandosi a una diffusa denuncia “del deperimento delle viti provocato non tanto dal cambiamento climatico, quanto dalla produzione industriale così come dalla mancanza di diversità varietale”.
Spiega Girardi che “le viti prodotte su scala industriale, dunque con scarsa variabilità e prospettive di vita brevi, rischiano di non avere più la capacità di esprimere – nel vino – i caratteri e l’unicità dei territori, dei vigneti e dei microclimi”, aspetto drammatico se si considera che “la varietà dell’uva come espressione sta diventando più forte e decisa rispetto a quella del territorio”.
Ciò porta a un impoverimento “varietale determinato dall’enorme riduzione delle bio-varianti delle viti” le quali “non sanno più invecchiare”, oltre a essere aggredite dall’uso “massiccio e indiscriminato della chimica”.
Le viti su piede franco invece “sono portartici di una memoria millenaria”, quindi il testo “si è dato i seguenti obiettivi: stimolare i produttori a riprendere almeno su terreni sabbiosi, in altitudine o isolati, la pratica della viticoltura su piede franco; invitare gli appassionati e i consumatori di vino a rilevare le differenze che sono notevoli tra un vino proveniente da viti non innestate rispetto a uno convenzionale; imparare a riconoscere i vigneti su piede franco (talvolta ancora con il loro allevamento tradizionale) in base alla forma e all’età delle viti”.
Tenendo sempre presente che “i vigneti di questo genere sono infatti dei musei a cielo aperto: eterni e belli da vedere”.
Abbiamo realizzato un video in cui Gianpaolo Girardi approfondisce i concetti appena riassunti: lo trovate qui di seguito.
Come riconosciuto dallo stesso Girardi, l’anima del progetto editoriale è Marta De Toni, con le sue ricerche sul campo frutto di infiniti viaggi e innumerevoli confronti con produttori, autrice e appassionata esploratrice che “ama ascoltare le storie delle persone che incontra, immergere le mani nella terra e sedersi attorno ad un tavolo con in mano un bicchiere di vino”, la quale ha dedicato la sua ricerca alle “radici delle viti, della storia, della vita degli uomini e della sua anima”.
Marta nel testo invita a “prendere in esame la sostanziale differenza tra una vite franca di piede e una innestata”, riportando le conclusioni di scienziati a favore della validità suprema delle viti pre-fillossera, ma anche testimonianze dirette dei molti viticoltori incontrati, tutti concordi “sul fatto che le piante a piede franco abbiano una marcia in più e caratteristiche più marcate e identitarie; ciò che ritroviamo nelle loro testimonianze, raccolte in diversi areali della nostra penisola, è una sostanziale differenza di propagazione delle radici nel suolo, aspetto che abbiamo già capito essere di fondamentale importanza, una maggior maturità e sensibilità, un adattamento alle caratteristiche geologiche dei suoli nei quali queste piante si sono evolute nei secoli”.
Le riflessioni dell’autrice sono chiare: “è esistito un momento storico in cui la coevoluzione tra l’uomo e la vite che durava da 8.000 anni è stata recisa alla base”, mentre “la lotta che fu portata avanti per la salvaguardia della viticoltura non ebbe mai più eguali per nessun’altra specie vegetale e che per quanto è costata ci risulta difficile credere che le motivazioni fossero puramente economiche”. Pertanto “la viticoltura è stata stravolta dalla radice” e “la situazione ci è sfuggita di mano a discapito del nostro pianeta”.
Da qui un invito preciso: anche se “il mondo sembra aver ormai superato il punto del non ritorno e un’inversione di tendenza sembra essere impossibile, potete sempre decidere di non essere complici”.
Il volume contiene anche una prefazione di Mario Fregoni che spiega come La durata dei vigneti si riduce col tempo e una dotta trattazione di Diego Tomasi intitolata I vecchi ceppi di vite, custodi di esperienze da tramandare alle generazioni future che si apre citando il lemma inglese “embodiment, la cui traduzione italiana sta per incarnazione”, esplicitando “perfettamente il concetto di ambientamento, ovvero la capacità delle piante di adattarsi al loro mondo circostante e di riuscire a convivere con esso sopportando anche le condizioni di difficoltà che esso presenta”, per poi concludere con un appello “affinché vi sia maggior attenzione all’eterogeneità presente all’interno del vigneto, dove lo sguardo attento del viticoltore deve saper individuare il singolo ceppo con caratteri distintivi e considerarlo una preziosa fonte genica da salvaguardare e propagare”.
(Mario Fregoni) (Diego Tomasi)
Il lavoro è impreziosito da tanti interventi di altissimo profilo tra vignaioli ed esperti quali Piero Cella, Vincenzo Di Meo, Salvo Foti, Mirco Mariotti, Alessandro Scala e Filippo Scienza, oltre a eroi della terra definiti I tedofori della viticoltura franca di piede che contemplano cantine quali Blanc De Morgex et de La Salle, Vallarom, Lorenzo Zadra, Le Battistelle, Mirco Mariotti, Bosco de Medici, Cantina Villa Dora, I Borboni, La Sibilla, De Beaumont, Antiche Cantine Migliaccio, I Vigneri, Santadi, Quartomoro, U Tabarka, Tanca Gioia.
Il quadro appena tratteggiato vuole far comprendere la ricchezza formidabile di argomenti e osservazioni del libro L’importanza di essere franco, talmente interessante e necessario da rappresentare una lettura altamente consigliata anche a chi non è esperto di vino ma ama vivere in maniera pensante e consapevole.
Abbiamo chiesto a Marta De Toni di fare il punto finale su quest’opera, nel video seguente.
Info: https://www.francamentevini.com/#
Progetto Vini Franchi: https://www.propostavini.com/i-nostri-progetti/vini-franchi/